• 17 Marzo 2025 12:34

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Giovedì della VII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Sir 5,1-10   Sal 1   Mc 9,41-50

Riflessione biblica

“Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri” (Mc 9, 41-50). Il sale è la Sapienza, che ci dà sia la capacità di discernere il bene e il male, sia il gusto della Parola di Dio e delle meraviglie che compie in noi per essere costruttori di pace. E la prima sapienza del cristiano è quella dell’amore fraterno, che sa accogliere tutti “nel nome di Gesù”, facendo loro del bene, in particolare a coloro con cui condividiamo la stessa fede in Gesù: “Non stanchiamoci di fare il bene; se non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede” (Gal 6,9-10). Lo stesso amore ci impedisce di dare scandalo ai piccoli. Non si tratta solo di “bambini”, ma di quanti sono “piccoli e deboli” nella fede: “Badate che la vostra libertà non divenga occasione di caduta per i deboli. Ecco, per la tua conoscenza, potrebbe andare in rovina il debole, un fratello per il quale Cristo è morto!” (1Cor 8,9.11). E ancora: “Non giudichiamoci più gli uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello. Se il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti più secondo carità. Non mandare in rovina con il tuo comportamento colui per il quale Cristo è morto!” (Rom 14,13.15). Lo scandalo fa male a noi, perché veniamo meno al dovere di carità nel nome di Cristo, e fa male all’altro, che si sente incompreso ed emarginato. Non si tratta di “tagliare mani e piedi o cavare gli occhi”, quanto di sacrificare ciò che fa male al prossimo e turba la pace interiore: “Tutto è lecito! Sì, ma non tutto giova. Tutto è lecito! Sì, ma non tutto edifica. Nessuno cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri” (1Cor 10, 23-24). Lasciamoci guidare dalla sapienza divina di Gesù e nel nome di Gesù l’amore regnerà tra noi e in noi.

Lettura esistenziale

“Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa” (Mc 9,41). Dare un bicchier d’acqua è davvero semplice. E ci garantisce anche il Paradiso. Eppure talvolta immaginiamo di dover esercitare la carità nelle grandi situazioni della vita, precisamente quelle situazioni che non si verificano quasi mai, sciupando le piccole, umili occasioni quotidiane di compiere il bene. Invece, è proprio l’esercizio in queste piccole occasioni, quelle a portata di mano, che ci permette di non giungere impreparati quando poi la vita ci chiede cose più grandi. Nel Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare: “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio” (Gv 3,16). “Non c’è amore più grande che dare la vita!” (Gv 15,13). Amare non equivale ad emozionarsi, a tremare o trepidare per una creatura, ma si traduce sempre con un verbo molto semplice, molto concreto, un verbo fattivo, di mani, il verbo dare, appunto. Un bicchiere d’acqua, dice Gesù, un gesto così piccolo che anche l’ultimo di noi, anche il più povero può permettersi. E tuttavia un gesto non banale, un gesto vivo, significato da quell’aggettivo che Gesù aggiunge, così evangelico e fragrante: acqua “fresca”, come precisa l’evangelista Matteo (Mt 10,42). Acqua fresca deve essere, vale a dire l’acqua buona per dare refrigerio nella calura, l’acqua attenta alla sete dell’altro, procurata con cura, l’acqua migliore che hai, “quasi un’acqua affettuosa con dentro l’eco del cuore” (Ermes Ronchi). Nulla è troppo piccolo per il Signore, perché ogni gesto compiuto con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.