• 29 Aprile 2024 9:08

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

San Bonifacio

Letture: Tb 1,3; 2,1-8; Sal 111; Mc 12,1-12

Riflessione biblica

“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo” (Mc 12,1-12). La descrizione iniziale della “vigna”, immagine del popolo di Dio, è quella di Is 5,1-7, ma l’interesse principale dell’evangelista Marco è presentare Gesù, “l’erede, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati” (At 4,10-12). Forse, siamo tentati di vedere in quel “voi” solo il popolo giudaico, ma è più appropriato vedere “ogni uomo” che rifiuta con l’incredulità le cure amorevoli di Dio: “Ecco, io pongo in Sion una pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso. Onore dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra di scandalo” (1Pt 2,6-8). Per questo siamo invitati ad “avvicinarci a Gesù, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive costruite come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” (1Pt 2,4-5). Gesù è il fondamento della nostra fede (1Cor 3,11) e su questo fondamento noi tutti, nel battesimo, “siamo tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in noi” (1Cor 3,16). Per mezzo dello Spirito di Gesù possiamo chiamare Dio nostro Padre, operare in lui il nostro cammino di santità ed essere partecipi della sua gloria: “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rom 8,15.17).

Lettura esistenziale

“Gesù si mise a parlare loro in parabole: «Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano»” (Mc 12, 1). Gesù amava le vigne: le ha citate, per sei volte, nelle parabole del regno; vi ha letto un simbolo forte e dolce che richiama il legame tra Lui e i suoi discepoli: “Io sono la vite e voi i tralci” (Gv 15,5); al Padre ha dato nome e figura di vignaiolo: “Io sono la vite vera e il Padre è l’agricoltore” (Gv 15,1). Molto bello l’incipit del Vangelo di oggi. Dio, presentato come il padrone della vigna, con un grande atto di fiducia affida la propria vigna a dei vignaioli e se ne va lontano. Pur potendo fare tutto da solo, Dio chiede il nostro apporto, la nostra collaborazione perché il Suo Regno si diffonda. Pone nelle nostre mani dei talenti e ci esorta a farli fruttificare, come un Padre che guarda compiaciuto i propri figli. In questo brano evangelico c’è però un forte contrasto tra la cura tenera e amorosa che il padrone della vigna prodiga alla sua vigna e l’incuranza da parte dei vignaioli ai quali questa viene affidata. Davanti a questa delusione, la parabola si conclude con l’offerta di una nuova possibilità: il padrone darà la vigna ad altri. “Tra Dio e l’uomo le sconfitte servono solo a far meglio risaltare l’amore di Dio” (Ermes Ronchi). Il sogno di Dio non è la condanna a una pena esemplare per chi ha sbagliato, ma una vigna che finalmente non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime, che non sia una guerra perenne per il potere e il denaro, ma che maturi una vendemmia di giustizia e di pace, la rivoluzione della tenerezza, la triplice cura di sé, degli altri e del creato.