• 2 Maggio 2024 3:06

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Con Francesco d’Assisi alla scoperta di Dio e dell’uomo. Francesco nel suo contesto storico

“Con Francesco d’Assisi alla scoperta di Dio e dell’uomo” è il titolo di  ventidue appuntamenti  per conoscere meglio la figura del Poverello attraverso un lavoro di Fra Arturo Milici Frate Minore che attualmente è inserito nella Fraternità di Ravanusa (Ag) 

Fra-arturo-266x300 Con Francesco d’Assisi alla scoperta di Dio e dell’uomo. Francesco nel suo contesto storicodi Fra Arturo Milici – Correva l’anno del Signore 1209, quando dodici penitenti da Assisi vennero fino a Roma e si presentarono a papa Innocenzo III. In quel tempo l’intera Cristianità viveva giorni importanti e difficili, di grandi cambiamenti epocali.

Era tramontato il sistema feudale e si andava strutturando la nuova società comunale. Il baricentro dell’economia e della vita si era ormai spostato dalle campagne alle città. La nuova classe mercantile cercava di sottrarre le leve del potere alla vecchia aristocrazia, mentre le masse dei poveri si trovavano sempre più abbandonate e bisognose ai margini dei fiorenti centri urbani. Le guerre intestine ai singoli Comuni si intersecavano e si collegavano alla lunga lotta per le investiture tra l’Impero e il Papato.

Il clima generalizzato di violenza era poi aggravato dalla dura repressione ecclesiastica anti-ereticale, nonchè dallo scontro di civiltà tra la Cristianità e l’Islam per il possesso di Gerusalemme. La Chiesa, già appesantita dal potere temporale, spesso doveva anche fare i conti con la corruzione morale del clero. Ma non mancavano in essa desideri di rinnovamento, progetti di riforma e segni di risveglio spirituale, tanto negli ambienti religiosi – basti pensare ai Cistercensi – quanto nei movimenti penitenziali del laicato.

Spesso, tuttavia, si sviluppavano frange di dissidenza anti-ecclesiale, gruppi di laici che, richiamandosi al modello della Chiesa primitiva, vivevano una forte appartenenza comunitaria, abbracciavano la povertà, leggevano la Scrittura e predicavano (nonostante i divieti ecclesiastici in proposito). Tali movimenti ereticali, diffusi soprattutto in Francia e in Italia settentrionale, rifiutavano la struttura gerarchica della Chiesa e, almeno in alcuni casi, anche la sua dimensione sacramentale e la stessa fede nell’Incarnazione.

Quei dodici penitenti assisani presentatisi ad Innocenzo III, dunque, non assimilabili ad eremiti né a monaci né a canonici, radicalmente poveri secondo il modello apostolico del Vangelo, e altrettanto radicalmente ancorati alla struttura gerarchica e sacramentale della Chiesa, rappresentavano una novitas rispetto al contesto ecclesiale del tempo.

La loro scelta evangelica di marginalità sociale, di espropriazione e di povertà materiale – che si traduceva nel rifiuto di usare il denaro, nel lavoro presso terzi retribuito in natura e nella pratica della mendicità – li poneva decisamente in controtendenza rispetto ad un mondo tutto proiettato alla ricerca del potere e dell’affermazione economica.

Così come la loro struttura interna di fraternitas ispirata al Vangelo, nella quale tutti si trovavano sullo stesso piano indipendentemente dal ceto di provenienza, diventava allo stesso tempo rimprovero e attrazione per una società sempre esasperata da competizioni, discordie e lotte intestine.

E in mezzo a un Duecento continuamente turbato da guerre e violenze a tutti i livelli, questa fraternità di penitenti testimoniava e annunciava la pace del Signore ad ogni uomo e ogni donna che incontrava lungo il cammino. Non solo ai cristiani, per giunta. Arrivò perfino ai Saraceni, ai nemici in armi della Cristianità, per annunciare loro il Vangelo senza bisogno di armi.

Iniziatore di questa fraternità fu Francesco (1181-1226). Figlio di un ricco mercante di Assisi, si convertì in un primo momento ad una forma di vita eremitica. Successivamente intorno a lui si andò costituendo la nuova famiglia religiosa, che col passare degli anni divenne sempre più numerosa e internazionale: nasceva l’Ordine dei Frati Minori, definitivamente approvato dalla Curia romana nel 1223.

“Sembrava veramente un uomo nuovo e di un altro mondo” (1Cel 82: FF 462). Così dipingerà Francesco d’Assisi, a due anni dalla morte e all’indomani della canonizzazione di lui, il suo primo biografo fra’ Tommaso da Celano. “Uomo nuovo”, come nuova creatura in una creazione nuova, rigenerata e rinata dalla Pasqua di Cristo. E “uomo di un altro mondo”, come proveniente dal futuro, dall’ultimo giorno escatologico, dal compimento definitivo del mondo e della storia in Dio.

Probabilmente fra’ Tommaso dava voce ad un sentire molto diffuso nella società e nella Chiesa del tempo. Francesco appariva ai contemporanei diverso rispetto al corso normale delle vicende umane, in controtendenza rispetto ai valori imperanti in quel Duecento dei Comuni e delle Crociate. Eppure la sua diversità non lo rendeva anacronistico, quanto piuttosto profetico: precorritore di tempi nuovi, di un mondo nuovo, testimone e messaggero del Dio che viene. Francesco diverso (e forse in parte inafferrabile) dai suoi contemporanei, non perché troppo indietro, ma perché troppo avanti.

Ecco perché la diversità di Francesco, la sua profezia, fu ai suoi tempi forza di attrazione per tanti uomini e tante donne. E lo è stata nel corso dei secoli, e lo è ancora oggi. La sua capacità di parlare la stessa lingua della gente, di viverne profondamente i drammi e le speranze, insieme alla capacità di ascoltare e annunciare senza sconti, con la vita ancor prima che con le parole, la novità perenne del Vangelo… Sarà questo il segreto della perenne simpatia e attualità di nostro fratello Francesco?