• 13 Novembre 2024 13:54

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Santi Berardo e Compagni, Protomartiri dell’Ordine Serafico

Letture: 1Sam 16,1-13; Sal 88; Mc 2,23-28

Riflessione biblica

“Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato” (Mc 2,23-28). Per comprendere la massima di Gesù, ci vuole “un cuore nuovo e uno spirito nuovo, ma soprattutto di accettare che Gesù è l’inviato di Dio, che insegna con autorità. Guidati dallo Spirito di Gesù, bisogna evitare un doppio pericolo: il fariseismo e il libertinismo. Il fariseismo: legati alle formalità della legge, se ne tradisce lo spirito; il fariseismo paralizza ogni slancio e bisogno dell’uomo, non lo aiuta a realizzarsi secondo il progetto di amore, ma lo chiude “in prescrizioni e insegnamenti di uomini”. Il libertinismo: è l’eccesso opposto di chi crede di essere legge a se stesso e viola la legge in base al proprio intendimento e al proprio egoismo. Nell’uno e nell’altro caso bisogna tener conto che “la scienza gonfia, la carità edifica” (1Cor 8,2). Tutto dipende dall’amore: “Siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri” (Gal 5,13). L’insegnamento di Gesù è chiaro: Il Sabato o la Domenica è il giorno dell’incontro di noi con Dio e di Dio con i suoi figli. È festa di famiglia e nella festa ci si riposa. È giorno di santità: Dio ci comunica la sua santità “Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato” (Dt 5,12). È giorno di libertà, non di schiavitù: “Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là; per questo, il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato” (Dt 5,15). È giorno di incontro dei discepoli di Gesù: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20) e così celebrare insieme il misteri del suo amore per noi: la sua morte e risurrezione, con cui egli ci ha donato la vita eterna.

Lettura esistenziale

“Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato” (Mc 2, 27-28). In vari episodi, i Vangeli attestano che la malattia che Gesù combatte di più e dinanzi alla quale prova indignazione e tristezza è la durezza dei cuori (Mc 3, 5). Si tratta di quella durezza di cuore che fa mettere il sabato prima dell’uomo, la norma prima della persona e che rende insensibili verso la sofferenza altrui. Gesù salva dalla durezza del cuore attraverso la tenerezza, il prendersi cura. L’uomo non può vivere senza regole, ma il cuore di ogni regola deve essere l’amore, altrimenti si corre il rischio di diventare burocrati delle regole e analfabeti del cuore. Nell’Esortazione Evangelii Gaudium, Papa Francesco parla per ben undici volte di tenerezza, di «tenerezza combattiva contro gli assalti del male», di «infinita tenerezza del Signore», di «tenerezza» come «virtù dei forti» ecc. Arriva a scrivere che «il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza». Anche noi siamo chiamati ad essere il racconto della tenerezza di Dio, attraverso umili gesti. Tenerezza implica mettere al centro non le norme, ma il volto dell’altro, con il suo dolore, ma anche con la gioia che ha bisogno di comunicare e condividere. “Il cuore guarito trasmette la gioia di credere, una fede felice. Perché credere fa bene: credere è acquisire bellezza del vivere, che è bello vivere, amare, lavorare, generare, servire e godere perché tutto ha un senso, perché questo senso è positivo, perché questo senso positivo durerà per sempre nell’abbraccio di Dio. Non è la bontà la caratteristica del santo. La caratteristica dei santi è di essere persone felici; emanano un’aura di gioia, li riconoscete da quello. Hanno luce negli occhi e hanno una bellezza che viene dal cuore guarito, dall’essere diventati amici della vita” (Ermes Ronchi).