Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario
Letture:Gen 6,5-8; 7,1-5.10 Sal 28 Mc 8,14-21
Riflessione biblica
“Quelli discutevano fra loro perché non avevano pane” (Mc 8,14-21). La preoccupazione dei discepoli sembra normale: il pane è elemento necessario per la vita. Ma Gesù cerca di farli riflettere: la preoccupazione principale del discepolo non può essere quella dei bisogni materiali, ma “cercare anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). C’è un pericolo nella vita del cristiano: anteporre le proprie esigenze materiali alla fede. Per questo, Gesù ci richiama delle verità essenziali. Guardarci dal “lievito dei farisei e di Erode”: cioè di quella mentalità ipocrita e mondana che ci fa perdere la fiducia nella provvidenza di Dio: “Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?” (Mt 6,26). Avere fiducia in Gesù: nonostante la moltiplicazione dei pani, i discepoli continuano a non avere fiducia nel loro Maestro. Abbiamo il cuore indurito: Gesù è il pane della vita e in lui troviamo la via dell’amore per condividere il poco che abbiamo. “Nessuno tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno” (At 4,34-35). Di più: “Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? La fede, se non è seguita dalle opere, è morta” (Gc 2,15-17). Acquistiamo la sapienza del cuore: per comprendere che solo Gesù è l’unico necessario: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51).
Lettura esistenziale
“E quelli dicevano fra loro: «Non abbiamo pane». Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?»” (Mc 8,16s). Da poco Gesù ha moltiplicato il cibo per una folla immensa. Anzi, l’ha fatto per ben due volte! I discepoli hanno dunque bene in mente ciò che Gesù ha appena operato. Ma il problema sta proprio qui: essi “rammentano” il fatto, cioè lo “riportano alla mente”, ma non lo “ricordano”, cioè non lo “riportano al cuore”. Non è la prima volta che il Signore denuncia questo indurimento del cuore dei discepoli. Nel Capitolo sesto, in un contesto simile a quello del Vangelo di oggi, l’evangelista Marco sottolinea che i discepoli non avevano compreso il miracolo del pane che Gesù aveva moltiplicato per sfamare la folla che lo seguiva, perché il loro cuore era indurito. La “durezza di cuore” è una malattia spirituale molto diffusa. Da essa nessuno è del tutto esente, neanche i discepoli che vivevano in una situazione di intimità e confidenza con il Signore e nemmeno noi che talvolta non riusciamo a comprendere il mistero di Dio che si rivela nella nostra storia e ci è difficile scorgere lo sguardo amorevole del Padre e la sua provvidenza. Ma anche la “durezza di cuore” può diventare l’inizio di un cammino di conversione: se riconosciamo umilmente di avere bisogno della misericordia di Dio e chiediamo la Sua luce per saper scorgere i segni della Sua Presenza nella nostra vita e nella storia dell’umanità.