Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Lunedì della VI settimana del Tempo Ordinario
Letture: Gen 4,1-15.25 Sal 49 Mc 8,11-13
Riflessione biblica
“I farisei si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova” (Mc 8,11-13). Non c’è da meravigliarsi che i farisei cercano un segno dal cielo. Obbedivano a ciò che Mosè aveva stabilito: “Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detto? Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l’ha detta il Signore” (Dt 18,21-22). Il problema, però, non stava nel chiedere “un segno dal cielo”, ma nel fatto che Gesù di “segni” ne aveva compiuti tanti: scacciò i demoni, moltiplicò i pani, guarì molti infermi nel corpo e nello spirito, risuscitò la figlia di Giairo, calmò la tempesta; tanto che “tutti si meravigliavano e lodavano Dio, dicendo: Non abbiamo mai visto nulla di simile!” (Mc 2,12). Per questo, Gesù, “indignato e rattristato per la durezza dei loro cuori” (Mc 3,5), non concesse loro alcun segno. Chiedere un altro segno è manifesta incredulità: Gesù ad essi non può dire: “la tua fede ti ha salvato”. Sono ciechi che non hanno voluto vedere nell’operato di Gesù il mistero della divina misericordia. A volte, però, anche noi chiediamo in continuazione “segni” e ci dimentichiamo di tutti i benefici che la sua parola produce in noi, tutte le grazie che i suoi sacramenti producono nel nostro cammino di fede, tutto l’amore che ci ha dato e che ci rende fratelli e sorelle attraverso la misericordia e il perdono. Abbiamo bisogno di rinnovare il nostro cuore e lasciare che Dio ci faccia nuovi secondo il suo progetto: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36,26). E questo cuore, pieno di fede, più che ai “segni” deve guardare a Gesù crocifisso, che con il suo amore ci attira a sé: “Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
Lettura esistenziale
“Vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova” (Mc 8,11). I farisei chiedono a Gesù un segno divino che garantisca l’autorità che Egli rivendica: essere l’inviato del Padre. Ma il Signore rifiuta di dare un ulteriore segno. Come mai? Una prima risposta è suggerita dal testo stesso: dietro alla domanda dei farisei c’è l’intenzione di mettere alla prova Gesù. Essi sono in malafede, già chiusi nei confronti del Signore. Desiderano un prodigio operato da Dio che garantisca la validità della missione di Gesù, ma la loro chiusura ha impedito loro di cogliere i segni che il Signore ha già compiuto e che testimoniano che in lui Dio è all’opera. Alcuni scribi erano presenti nel momento in cui Gesù aveva perdonato i peccati al paralitico e si erano scandalizzati, perché il Signore si stava attribuendo l’autorità di compiere un gesto che spetta solo a Dio. Ma proprio la guarigione del paralitico testimonia che lui ha il potere di perdonare i peccati (Mc 2,1-12). I farisei sono presenti quando guarisce di sabato un uomo dalla mano inaridita. Ma, anche questa volta, non capiscono il segno e tengono consiglio con gli erodiani per farlo morire (Mc 3,1-6). I segni sono stati loro dati, ma non sono stati accolti. I farisei, infatti, non desiderano veramente scoprire chi è Gesù, ma solo metterlo alla prova: non sono i segni ad essere inefficaci, ma è la durezza del cuore che rende incapaci di vedere e di scoprire la presenza di Dio. In tutto questo, però, si rivela la grandezza di Dio che accetta che gli uomini possano chiudersi davanti a lui, che rifiuta di imporsi all’uomo lasciandolo libero di scegliere, perché desidera talmente essere amato gratuitamente da arrivare ad accettare perfino che i suoi inestimabili doni siano ricambiati con il rifiuto.