• 29 Aprile 2024 19:31

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Docenti nel palermitano costretti a pagare il pizzo

Avrebbero restituito parte dello stipendio, alcuni addirittura tutto, perché sotto ricatto. Avrebbero lavorato ore in più, rispetto al dovuto, per la “fame” di un posto e pur di totalizzare i punteggi utili alla graduatoria alle assunzioni nella scuola statale. Loro, le vittime della vicenda, sono i docenti e il personale tecnico e ausiliario (Ata) di due istituti paritari in provincia di Palermo. Il meccanismo di sfruttamento in cui sarebbero stati presi al laccio tratteggia la drammatica sintesi di una disperata domanda di sicurezza sociale che può portare a sottostare alla sopraffazione. Un sistema denunciato, nel dettaglio, dai particolari di un’inchiesta giudiziaria.

Ieri mattina, i carabinieri della compagnia di Cefalù hanno eseguito i provvedimenti emessi dal gip di Termini Imerese, su richiesta della procura di Palermo, nei confronti di cinque indagati, accusati, a vario titolo, di estorsione e sfruttamento del lavoro. Una persona è finita agli arresti domiciliari, mentre sono state disposte quattro interdittive col divieto temporaneo di esercitare attività professionale e imprenditoriale nel settore dell’insegnamento per dodici mesi. I coinvolti nell’indagine sono amministratori e gestori della cooperativa “La Rocca Cefalù” che si occupa di istruzione secondaria di secondo grado in due istituti paritari di Cefalù e Termini Imerese.

Al centro degli accertamenti degli inquirenti, dunque, ci sono le modalità di assunzione e impiego di docenti e personale Ata che avrebbero lavorato in difformità e in misura sproporzionata rispetto a quanto previsto, rispedendo al mittente una fetta della retribuzione, quando non l’intero ammontare, perché obbligati. Sarebbe stata proprio una delle insegnanti a confidarsi con un carabiniere, raccontando di avere restituito lo stipendio e il Tfr. In cambio di quel “sacrificio” avrebbe acquisito un punteggio per scorrere la graduatoria nella scuola pubblica. Successivamente, altri avrebbero confermato l’andazzo.
Secondo la ricostruzione della Procura, sono 118 i dipendenti colpiti da una vessazione che avrebbe permesso al datore di lavoro di mantenere bassi costi di gestione e di ottimizzare i profitti. Durante l’operazione, i carabinieri hanno sottoposto a sequestro preventivo 65.300 euro. Nelle abitazioni degli indagati, nel corso delle perquisizioni, sarebbero state trovate perfino delle casseforti con somme tra i 10 e i 15 mila euro in banconote di piccolo taglio. Le indagini della compagnia di Cefalù avrebbero individuato episodi reiterati di estorsione e sfruttamento dal 2019.

La questione ha attirato lo sguardo della politica. Valentina Chinnici, esponente del Pd all’Assemblea regionale siciliana, e presidente nazionale del Cidi, il Centro di Iniziativa democratica degli insegnanti, ha presentato, con altri parlamentari, una interrogazione all’assessore regionale alla Formazione. «Le indagini sulle scuole paritarie siciliane – dichiara la deputata – gettano uno squarcio su una realtà che ha molte zone d’ombra e che sfugge spesso ai controlli dello Stato e della Regione. Quest’ultima, per inciso, ha incrementato di ben 4 milioni di euro la spesa per gli istituti privati per l’anno 2024. Speculare sull’istruzione e la formazione dei nostri alunni, nella regione che ha il triste primato della dispersione scolastica e della presenza di Neet (i giovani che non studiano e non lavorano), è un furto di futuro e di speranza dai danni incalcolabili per la società». Una riflessione che mette insieme l’inchiesta giudiziaria del presente e le aspettative del domani. Come si può trasmettere la speranza alle ragazze e ai ragazzi, tra i banchi, se la sopraffazione che sfrutta il bisogno si mostra più forte dei diritti?