• 27 Luglio 2024 3:30

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Fiducia supplicans, un documento triste e necessario

di Maurizio Colucci – Ho letto il “chiarimento” della Congregazione per la Dottrina della Fede sul documento precedente, Fiducia supplicans, l’ormai famoso pronunciamento riguardante la benedizione delle persone che vivono relazioni cosiddette irregolari.
La lettura mi ha dato un po’ di tristezza. È un chiarimento triste e necessario, anzi, è triste proprio perché è stato necessario.
Innanzitutto, volevo dire che, a mio avviso, non c’era bisogno di nessun chiarimento, sarebbe bastato leggere il documento e capirne la ratio. Già l’introduzione e le prime tre pagine sono abbastanza esplicative. Per me è stato da subito chiaro, lineare, facilmente comprensibile e applicabile. Sarà la scuola del buon Padre Bentivegna che ci ha insegnato a “leggere” il Magistero, sarà la mia pratica ecclesiale mai chiusa in sagrestia, sarà la mia professione (docente) che costringe la mia fede a confrontarsi ogni giorno con miriadi di mentalità, Ideologie, modus vivendi, alcuni lontanissimi dal mio modo di pensare. Al massimo potrò considerare questo chiarimento come un buon compendio, una discreta sintesi per attingere più velocemente ai contenuti.
Detto questo, rattrista molto leggere quelle righe: veramente c’è bisogno di un Cardinale da Roma che ci dica che non tutta l’azione della Chiesa si racchiude in liturgie e rituali, e che possiamo trovare tanti modi per raggiungere i lontani? Veramente c’è bisogno che un Cardinale da Roma ci spieghi come pregare per delle persone che si avvicinano a chiedere? Veramente c’è bisogno di un Cardinale da Roma che ci dica che bisogna fare discernimento, che tutto non è regole e casistiche, e si discerne sul bene da compiere e su come accogliere partendo dall’uomo e dal contesto della sua esistenza? Addirittura c’è bisogno di un Cardinale da Roma che faccia l’esempio (L’ESEMPIO!), dicendoci le parole da dire nella preghiera e con quali modalità! Ma perché il Cardinale da Roma ha dovuto scrivere tutto ciò? È qui sta il punto (che rattrista): perché qualcuno ha chiesto, qualcuno ha protestato, conferenze episcopali si sono arrovellate in quesiti e distinguo, qualcuno evidentemente ha allargato le braccia chiedendo a Roma: ma come si fa?
A questo si è ridotta la Chiesa? Questo è lo slancio missionario, la profezia, la visione, la carità creativa richiesta dal Vangelo, l’incarnazione dell’annuncio cristiano nella storia?
Passi per i laici, teologi da social, esperti di Magistero improvvisati (e presuntuosi); passi per la giornalista autoinvestitasi della missione di spiegarci la sana dottrina, come una papessa mancata. Si tratta perlopiù di casi di scarso approfondimento teologico pastorale, rigidità mentali e ideologiche, fino ai più banali deficit di comprensione testuale. Molti nemmeno hanno capito che “Fiducia supplicans” nasce in realtà come documento restrittivo, perché vieta espressamente di “inventare” nuovi riti di benedizione (come stava per fare qualche conferenza episcopale), altro che documento eretico! Molti dimenticano che è Roma che fa il Magistero, che ci raccorda alla Tradizione, che ci dà le due direttrici di continuità e sviluppo. Roma locuta causa soluta, si diceva una volta, ma una volta non c’erano i social… “C’è confusione”, dicono, “Si rischia ambiguità”, dimenticando che è dai tempi in cui Pietro andò dai pagani, dal romano Cornelio, che si grida alla confusione e che sono nate in materia ambiguità con tiri di corda dall’una e dall’altra parte (basti leggere le lettere paoline).
Passi per i laici, dicevo, ma i vescovi? I sacerdoti? Dovrebbero avere la formazione necessaria per capire! E qui non parlo solo di formazione teologica dottrinale (anche quella evidentemente deficitaria), ma di una seria formazione pastorale, che abbracci tutto l’umano, che non si limiti ad apprendere quattro buone pratiche liturgiche, un po’ di sano ritualismo e alcune regole di vita ecclesiale per mantenere la parrocchia mediamente aperta, né più né meno di un discreto ufficio postale. Qui c’è in gioco la carne dell’uomo, il suo dolore, ferite che sanguinano, scelte sbagliate, il peccato, un mondo scristianizzato che necessita l’incontro con Cristo, e le domande che vengono da vescovi e sacerdoti si riducono a “ma come si fa? Per favore, Roma, ce lo spiegate?”
Eppure nella Chiesa ci sono tesori disseminati nella sua storia, alcuni nascosti e altri ben conosciuti, ci sono tesori in questo tempo ai quali attingere per capire. Penso all’esperienza dei movimenti ecclesiali, a partire dai carismatici, alle esperienze di missione in mezzo alle povertà delle nostre città, alle esperienze di annuncio e di nuova evangelizzazione di tante nuove comunità e di tanti bravi sacerdoti coraggiosi e creativi, tutti luoghi di grazia in cui tanta gente, laici e presbiteri, hanno imparato a incontrare l’uomo, ogni uomo, senza avere per forza l’ausilio di un rito o di una formula liturgica, ma pregando tante volte per loro e con loro, spesso senza richiedere in anticipo la patente di perfetto cattolico.
Già si vede all’orizzonte il rischio di prendere gli esempi del Dicasteo della Fede come altre regole. C’è già chi ironizza sulla dicitura “15 secondi”, e chi farà quindi queste preghiere di benedizione con il cronometro, “perché a Roma hanno detto così”.
Papa Francesco si rassegni, ma quale conversione pastorale! Vescovi, preti, laici impegnati, in primis la giornalista papessa, vogliono il tutorial per l’evangelizzazione, come mettere le mani, modi, tempi (per poi riderne sguaiatamente….), chi accogliere e chi no, con descrizione dettagliata della casistica, tutto ben squadrato. Forse hanno incontrato un Messia ingegnere, che va verso l’uomo sofferente con il manuale di istruzioni e il codice di procedura penale sotto braccio.
Il Messia di cui ho letto nei Vangeli, io invece, lo ricordo un po’ diverso…