• 24 Giugno 2025 12:00

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Sabato della V settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gen 3,9-24   Sal 89   Mc 8,1-10

Riflessione biblica

“Sento compassione per la folla; se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino” (Mc 8,1-10). Tale profondo sentimento di Gesù per la folla deve essere modello di comportamento per i discepoli. Attento e delicato, Gesù osserva che la folla “da tre giorni” lo seguiva e “stava con lui”. Bisogna rimanere con Gesù, lasciarsi trasformare dalla sua parola e allora egli diverrà nostro commensale: “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). S. Marco, poi, mette in evidenza tre aspetti, per apprendere “la compassione”: la misericordia di Gesù, la nostra debolezza esistenziale, la prossimità con chi ha bisogno. La misericordia di Gesù: abbiamo bisogno di Gesù, parola di vita eterna, che ci insegna sapienza e ci dà luce: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12); di Gesù, pane di vita eterna, cibo che rinvigorisce, sostegno nella lotta contro le passioni e le fragilità: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). La nostra debolezza esistenziale: sorretti dalla misericordia del Signore, possiamo accettarla e superare, rimanendo sicuri che “Dio è fedele e non permetterà che siamo tentati oltre le nostre forze, ma con la tentazione ci darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla” (1Cor 10,12-13). Essere prossimo a chi soffre: in essi dobbiamo riconoscere Gesù crocifisso (Mt 25,40) e avere cura di essi: “Nel corpo le varie membra abbiano cura le une delle altre; se un membro soffre, tutte le membra soffro-no insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Noi siamo corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra” (1Cor 12,25-27)

Lettura esistenziale

“Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla” (Mc 8,6). Il miracolo della moltiplicazione dei pani, che trabocca dalle ceste, è raccontato per ben sei volte nei Vangeli, perché è un segno carico di promesse e di profezia. Gesù prova compassione per la folla che lo segue da diversi giorni. Il suo sguardo non scivola sopra le persone, ma si posa sui singoli. Per Cristo, infatti, guardare e amare sono la stessa cosa. Guardando le persone che ha davanti, Gesù si lascia raggiungere e ferire dalla loro sofferenza e dal loro bisogno. Il luogo è deserto e i discepoli di Gesù, diventati alla sua scuola sensibili e attenti, suggeriscono al Maestro di rimandarli perché possano andare a rifocillarsi. Ma Gesù li spinge a compiere un passo ulteriore: non rimandarli, ma accoglierli. Non congedarli perché vadano a comprarsi da mangiare, ma provvedere loro stessi a nutrirli. “Il miracolo del pane è raccontato come una questione di mani. Un moltiplicarsi di mani, più che di pane. Che passa di mano in mano: dai discepoli a Gesù, da lui ai discepoli, dai discepoli alla folla. Allora apri le tue mani. Qualunque sia il pane che tu puoi donare, non trattenerlo, apri il pugno chiuso. Imita il germoglio che si schiude, il seme che si spacca, la nuvola che sparge il suo contenuto. Il pane di Dio, quello delle nostre eucaristie, non impoveriamolo mai all’alternativa meschina tra pane meritato o pane proibito: esso è il pane donato, con lo slancio della divina compassione (Ermes Ronchi). Pane gioioso e immeritato, per i quattromila nel deserto, per tutti noi nel deserto della nostra esistenza.