• 16 Marzo 2025 3:47

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Santi Cirillo e Metodio

Letture: At 13,46-49   Sal 116   Lc 10,1-9

Riflessione biblica

“Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi” (Lc 10,1-9). È il vangelo della missione: tutti siamo inviati ad annunciare Gesù, a preparare il cuore di uomini e donne di buona volontà a ricevere il suo messaggio di libertà, di pace e di amore. E i Santi Cirillo e Metodio hanno annunciato Cristo e il suo messaggio di verità, santità e amore per il Regno dei cieli. Sono stati audaci testimoni della fede, evangelizzando i popoli slavi di Russia, Ucraina, Slovacchia, Polonia e splendido esempio di vera “inculturazione” del Vangelo nella vita di questi popoli: ad essi hanno donato fede, cultura, spiritualità. Fede: essendo ancora nel paganesimo, li hanno portati a Cristo. Essi accolsero Gesù, il Signore, e “in lui, radicati e costruiti, hanno camminato saldi nella fede che i due missionari di Cristo insegnarono ad essi, sovrabbondando nel rendimento di grazie” (Col 2,7). Cultura: perché la loro fede fosse genuina e fondata sulla parola di Dio, non solo inventarono l’alfabeto cirillico, ma tradussero dal greco la Bibbia in tale lingua. Così, introdussero nella loro cultura primitiva il messaggio di Dio e hanno espresso la verità salvifica nel loro proprio linguaggio. Così, ad essi hanno portato l’annuncio del Vangelo della pace, della riconciliazione con Dio e con i fratelli e sotto l’azione potente dello Spirito hanno comunicato la sapienza della fede e della cultura cristiana. In altre parole, donarono loro una profonda spiritualità: lasciarsi condurre dallo Spirito Santo e nella preghiera fervorosa del cuore entrare in intima comunione con Cristo, nostra salvezza. Animati dallo Spirito di Gesù, hanno reso attuale per i popoli slavi il comando di Gesù: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28,18-20). Come Paolo, anch’essi “si sono fatti servi di tutti per guadagnarne il maggior numero” di credenti in Gesù (1Cor 9,19).

Lettura esistenziale

“Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi” (Lc 10,3). Vi mando come agnelli, senza zanne o artigli, ma non allo sbaraglio e al martirio, bensì a immaginare il mondo in altra luce, ad aprire il passaggio verso una casa comune più calda di libertà e di affetti. I campi della vita sono anche violenti, Gesù lo sconterà fino al sangue, eppure consegna ai suoi una visione del mondo bella come una sorpresa, una piccola meraviglia di positività e di luminosità: la messe è molta, ma gli operai sono pochi. Gli occhi del Signore brillano per il buon grano che trabocca dai campi della vita: sono uomini e donne fedeli al loro compito, gente dal cuore spazioso, dalle parole di luce, uomini generosi e leali, donne libere e felici. Là dove noi temiamo un deserto lui vede un’estate profumata di frutti, vede poeti e innamorati, bambini e giullari, mistici e folli che non sanno più camminare ma hanno imparato a volare. Gesù manda i suoi discepoli non a intonare lamenti sopra un mondo distratto e lontano, bensì ad annunciare il capovolgimento: il Regno di Dio si è fatto vicino. E le parole che affida ai discepoli sono semplici e poche: pace a questa casa, Dio è vicino. Noi ci lamentiamo: il mondo si è allontanato da Dio! E Gesù invece: Dio si è avvicinato, Dio è in cammino per tutte le strade, vicinissimo a te, bussa alla tua porta e attende che tu gli apra. “In qualunque casa entriate, dite: pace a questa casa” (Lc 10,5). Gesù sogna la ricostruzione dell’umano attraverso mille e mille case ospitali e braccia aperte: l’ospitalità è il segno più attendibile, indiscutibile, dell’alto grado di umanità che un popolo ha raggiunto (R. Virgili), prima pietra della civiltà, prima parola civile, perché dove non si pratica l’ospitalità, si pratica la guerra e si impedisce lo shalom, cioè la pace che è il fiorire della vita in tutte le sue forme (Ermes Ronchi).