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L’emergenza dei senza dimora: sono 362 i morti dimenticati

Diilsycomoro

Dic 9, 2023

Muoiono per strada, sui marciapiedi o sotto i ponti, negli androni dei palazzi, negli edifici abbandonati, nei parchi urbani. Vengono uccisi dal gelo, dall’inedia e dagli stenti, da violenze o incidenti, ma anche dal dolore e dalla solitudine che si portano dentro. Finiscono i loro giorni in silenzio, i senza dimora, nell’indifferenza di tutti. Li ritrovano quasi sempre all’alba e per caso, stecchiti, dentro a un sacco a pelo o sotto un cumulo di cartoni. E muoiono non solo quando fa freddo, come è accaduto l’altra notte al 72enne Diallo Seydou, ex manager di origini senegalesi caduto in disgrazia, rinvenuto su una panchina davanti alla stazione di Genova Principe, o a Francesco Battaglia, 42 anni, piacentino, trovato morto ieri pomeriggio sotto i portici tra piazza Matteotti e piazza Verdi, a Chiavari, accanto ai suoi due cani che lo vegliavano. L’“emergenza”, infatti, dura tutto l’anno.

Nel 2023, finora, si contano 362 morti tra le persone che non avevano un tetto sopra la testa: 86 hanno cessato di vivere durante l’inverno, 97 in primavera, 109 d’estate e 101 nel pur rigido autunno che sta per finire. Il 97% di loro era un uomo, per due terzi straniero, mentre l’età media dei “clochard” deceduti è di 47 anni. Nel 2022 le vittime erano state 399, un anno prima 250.

«Il luogo di ritrovamento racconta che la causa principale non è il freddo» commenta l’Osservatorio del Fio.psd (Federazione italiana organismi per le persone senza dimora) che monitora costantemente la situazione. «Non è stato sempre facile risalire alle ragioni primarie dei decessi – spiega Fio.psd – ma sempre grazie alla ricostruzione di chi conosceva le persone è stato possibile riscontrare come il 46% delle morti è per incidente, violenza o suicidio e il 37% per motivi di salute». È chiaro infatti che chi vive all’addiaccio è esposto a malanni e, in molti casi, dipende da sostanze alcoliche o stupefacenti che ne minano il fisico e la psiche.

I dati Istat ci dicono che in Italia nel 2022 i “barboni” o, meglio, i cittadini “sconosciuti all’anagrafe” e che non hanno un alloggio erano quasi centomila. Si trovano soprattutto nelle grandi città: a Roma il 23%, a Milano il 9%, a Napoli il 7%, a Torino il 4,6%), poi ci sono Genova (3%) e Foggia (3,7%). Ma si tratta di cifre relative, della “punta dell’iceberg”, perché i flussi dei “dimenticati” sono continui e non quantificabili e soggetti a frequenti spostamenti dall’una all’altra città, con nuove presenze ogni notte. Quest’anno, inoltre, con l’aumento degli ingressi in Italia di migranti che arrivano dalle rotte del Mediterraneo e dei Balcani, il “fenomeno” dei senza dimora sembra essere ancora più preoccupante: rappresenta un sintomo di crescente disagio e povertà e mette in crisi il sistema dell’accoglienza.

«A Milano, per esempio, la situazione è peggiorata: per le strade, di notte, assistiamo più persone rispetto all’anno scorso ed è più difficile convincerle, come facciamo sempre con garbo e delicatezza, ad andare nei dormitori allestiti dal Comune» afferma Sergio Greco, responsabile dei volontari del Cisom (Corpo italiano di soccorso dell’ordine di Malta) che insieme ad altre 23 associazioni meneghine partecipa al “piano freddo” per i senza dimora predisposto dall’amministrazione comunale. E si tratta in gran parte di stranieri, in particolare nordafricani. Quanti sono? «Circa 500 tra il centro e le periferie, secondo un censimento che risale a prima dell’estate, ma non bisogna dimenticare gli oltre cento ragazzi che “sbarcano il lunario” al boschetto di Rogoredo, tossicodipendenti con i quali spesso si fa fatica a parlare – prosegue Greco –, giovani che hanno fame e sete e che, dopo avergli dato coperte, il tè caldo e le merendine, cerchiamo di agganciare per portarli al Sert e potersi curare». Nuove e vecchie povertà che spesso vengono dimenticate nelle metropoli del ben vivere, della movida e degli affari, dove il “barbone morto”, ormai, non fa quasi più notizia.