Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Sabato della XI settimana del Tempo Ordinario
Letture: 2Cr 24,17-25; Sal 88; Mt 6,24-34
Riflessione biblica
“Io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita” (Mt 6,24-34). Il verbo “preoccuparsi” ricorre 6 volte in questo brano e tre volte l’espressione “non preoccupatevi”. Purtroppo, l’ansia e la paura per il domani sono il sale che condiscono le nostre giornate e i nostri rapporti. Mi risuona in mente l’esortazione di Paolo: “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil 4,6). È questione di fiducia: credere che Dio è nostro Padre e che verrà in nostro soccorso. “Non preoccupatevi di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete”: non si tratta di fare una scelta tra povertà o ricchezza, il seguace di Gesù sceglierà sempre la via della povertà: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). Ciò che non vuole il Signore è l’eccessivo “preoccuparci”, vivere nell’ansia e nell’angoscia del domani, nel fidarci solo di noi stessi, mettendo da parte la provvidenza di Dio: “Ecco l’uomo che non pone Dio come sua fortezza, ma confida nella sua grande ricchezza. Ma io, come olivo verdeggiante nella casa di Dio, confido nella fedeltà di Dio in eterno e per sempre” (Sal 52,9-10). Fiducia in Dio: “C’è chi è debole e ha bisogno di soccorso, chi è privo di forza e ricco di miseria, ma gli occhi del Signore lo guardano con benevolenza, lo sollevano dalla sua povertà e gli fanno alzare la testa” (Sir 11,12-13). L’errore non sta nel cercare il cibo o nel preoccuparci del vestito, ma nel porre tutta la fiducia nelle nostre grandi doti organizzative. Ricordiamoci che “il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini” (Rom 14,17-18).
Lettura esistenziale
“Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?” (Mt 6,25). Le parole che Gesù pronuncia sembrano molto ovvie, eppure in realtà il verbo esistenziale più diffuso e popolare tra di noi è il verbo “preoccuparsi”. Chi si pre-occupa è uno che vive sempre un passo in avanti rispetto la vita e quindi non ha tempo di gustare la vita. Chi si pre-occupa è uno che vive con l’ansia di cosa dovrà accadere e non con la gratitudine di ciò che accade. Dovremmo imparare un po’ tutti a “occuparci” e a non a “preoccuparci”. Dovremmo tornare tutti un po’ alla realtà e al presente. Chi si preoccupa non vede più il volto della moglie o del marito, dei figli o degli amici, del cielo azzurro o della splendente pioggia d’estate. Chi si preoccupa vede solo problemi da risolvere e non cose per cui comunque arrivare a sera grati. Chi si preoccupa non ha tempo di sorridere perché “la vita è una cosa seria”. È così seria che ci sono giorni in cui uno si domanda se poi valga davvero la pena vivere così. Ha ragione allora Gesù a ricordarci una cosa semplice: “Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena” (mt 6,34). Ogni giorno ha la sua grazia. La maggior parte di ciò che conta nella nostra vita lo riceviamo in una maniera silenziosa, come i gesti discreti di Qualcuno che si occupa di noi allo stesso modo di come si occupa di rivestire di bellezza un fiore e di rendere possibile il volo e il canto di un uccello nel cielo. “Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?”. Appunto, il problema è la nostra poca fede/fiducia nel fatto che sia realmente così.