• 2 Maggio 2024 10:35

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Sabato della XII settimana del tempo Ordinario

Letture: Gen 18,1-15; Salmo Lc 1 ; Vangelo Mt 8,5-17

 Riflessione biblica

“Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito” (Mt 8,5-17). Son parole che conosciamo molto bene e che ripetiamo ogni volta che ci accostiamo nel ricevere il corpo e il sangue di Gesù. Sono parole di un pagano, ma parole di fede: esprimono la convinzione che in Gesù risiede non una potenza umana, ma la potenza divina che può operare il miracolo, anche a distanza; inoltre, afferma con decisione la sua fiducia illimitata nella misericordia di Gesù, la cui tenerezza per coloro che soffrono è senza limiti: “egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,17; Is 53,4). Uomo di fede, “andò incontro” a Gesù: cosciente del proprio limite e della sua impotenza dinanzi al male, non si rassegna, ma afferma con decisione la sua fiducia illimitata nella misericordia di Gesù, la cui tenerezza per chi soffre è senza limiti: “egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,17; Is 53,4). Deciso, ma umile, il Centurione conquistò il cuore di Gesù: “In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!” (Mt 8,10). Si avverava per lui il disegno di misericordia di Dio: “Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha innalzato gli umili, ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia”. Così, le sue parole non sono una formula, ripetuta meccanicamente prima della comunione eucaristica, ma convinzione di fede: senza Gesù la nostra vita sarebbe senza un appoggio sicuro e valido. Ma, in Gesù, quelle parole sono un impegno ad avere una “fede agente mediante la carità” (Gal 5,6), avere una fede che nell’amore si carica dei pesi dei fratelli: “Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo, cioè il comandamento di Gesù: “Amatevi come io vi ho amati” (Gv 13,34).

 Lettura esistenziale

“Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito” (Mt 8, 8). Dal Vangelo di oggi attingiamo questa espressione che pronunciamo di consueto nella liturgia eucaristica, prima di accostarci alla comunione. È questa un’espressione semplice e autentica, attraverso cui, il centurione romano dice a Gesù che si fida così tanto di Lui da non avere bisogno di altri segni o di altre prove concrete se non semplicemente della Sua parola. Per lui basta solo la parola di Gesù a cambiare le carte in tavola senza bisogno di fuochi d’artificio, di prove e controprove. Mentre noi abbiamo invece continuamente bisogno di segni, di prove, di gesti, di rassicurazioni forse perché non ci fidiamo veramente di Lui. Cerchiamo così l’effetto esteriore perché non crediamo che Lui sia così capace di cambiare la sostanza delle cose. La parola d’ordine di oggi invece è ‘fidarsi’ della Parola senza domandare altri ‘segni’. Il segno più bello è quello della fiducia. È poter pregare con la certezza di essere già stati ascoltati. È affidarsi nella consapevolezza che se Dio dice di amarci non può mai agire conto l’amore perché agirebbe contro Se stesso. La fede è saper credere a questo amore e non all’evidenza degli eventi nella loro superficie. Un bambino non teorizza troppo sui pericoli, se è in braccio alla madre o al padre, ma si sente al sicuro. La fede è un dono, ma dare fiducia è una scelta. La fede è come avere un padre che ti prende in braccio, ma la fiducia è scegliere di credere più a quelle braccia che a tutto il resto che grida il contrario.