• 7 Maggio 2024 12:16

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Sant’Agata, Mons. Renna critica le ‘Ntuppatedde: «Tradizione da sradicare». La dura replica

Da qualche anno si aggirano delle nuove figure vestite di bianco. Le “ntuppatedde” di Sant’Agata: chi sono? Donne di bianco vestite e velate. Una tradizione nuova ma che ha radici lontanissime e le “‘ntuppatedde” destano ancora molta curiosità tra i veterani della festa! In origine, nel lontano ‘800, le ‘ntuppatedde erano donne catanesi, provenienti da ogni classe sociale, sposate o nubili, che approfittavano della festa nei pomeriggi del 4 e del 5 febbraio per andare in giro da sole per la città. Lo facevano senza mostrare il viso, avvolte in mantelli scuri perché nessuno le riconoscesse. In quelle occasioni accettavano regali e dolciumi dai passanti, il tutto senza mai farsi vedere, nascoste da veli forati in due punti in corrispondenza degli occhi. La pa­ro­la “ntup­pa­ted­da”, de­ri­va dal si­ci­lia­no “tup­pa”, os­sia la mem­bra­na che chiu­de il gu­scio del­le chioc­cio­le. L’e­le­men­to prin­ci­pa­le che ca­rat­te­riz­za­va le ‘ntup­pa­ted­de era pro­prio il tra­ve­sti­men­to.  L’u­san­za ven­ne ab­ban­do­na­ta dopo il 1868, an­che se da po­chi anio è sta­ta sim­bo­li­ca­men­te ri­pre­sa, qua­si come se la Cit­tà fos­se no­stal­gi­ca dei tem­pi che fu­ro­no.

Oggi le ntuppatedde sono performer che danzano in città con rossi fiori in mano, efanno parte del composito panorama umano che attornia la festa di Sant’Agata a Catania, polemizzano con l’Arcivescovo, mons. Luigi Renna, per le parole che ha pronunciato durante la celebrazione della “messa dell’aurora” di ieri: “Mi è dispiaciuto – ha detto l’Arcivescovo della città etnea – vedere ancora una volta dietro le candelore quelle ragazze vestite di bianco. Già in passato – ha proseguito mons. Renna – un mio predecessore aveva vietato la loro partecipazione. Ci sono tradizioni da tramandare ed altre sanno di paganesimo e vanno sradicate. Sant’Agata è morta, non è andata a fare un ballo in discoteca. Per onorarla è meglio indossare il sacco e recitare la preghiera  semplice del santo Rosario”.

La portavoce Elena Rosa è intervenuta con un comunicato, ribadendo il valore simbolico delle esibizioni danzanti. Di seguito la nota.

“La nostra apparizione, la mattina del 3 febbraio, rivendica la presenza del femminile nella festa, siamo devote alla santa, alla donna e alla libertà. Sant’Agata ricordiamo è morta non di morte naturale ma per mano di uomo. Non abbiamo mai mancato di rispetto alla religiosità della festa e la nostra non è una ‘esibizione individualistica’, ma è relazione, comunità e aggregazione gioiosa. Consideriamo la danza una manifestazione del sacro. Perché la danza è preghiera, è comunità, è liberazione. La profetessa Miriam, sorella d’Aronne, esterna la sua esultanza e ringrazia Dio, dopo il passaggio del Mar Rosso, ‘formando cori di danze’ con le altre donne, suonando i timpani e cantando (Cf Es 15,20). Non smentiamo gli aspetti pagani della nostra presenza semplicemente perché fa parte della storia, ricordando anche il lontano culto di Iside. Non vogliamo cancellare le tracce del passato perché quello che siamo è una stratificazione di memoria e diversità. Nel 2013 siamo ritornate omaggiando le ultime ‘Ntuppatedde apparse nel 1868 quando furono insultate, fischiate e cacciate via in quanto donne che rivendicavano la propria libertà. Il passato persiste nel presente e qui si pone di nuovo una negazione che riguarda sempre la donna, vogliamo ritornare a negarle come nei secoli passati perché adesso danzano con un velo e un fiore in mano?”.

“Il nostro passo è così pericoloso? È necessario confrontarsi – continua ancora la lunga nota –  dialogare e capire le motivazioni antropologiche e sociali che sottendono ad un movimento che perdura da più di dieci anni e che la gente ormai aspetta. Che piaccia o no ‘la festa è un pullulare di più realtà che in quei giorni si ritrovano insieme a convivere nella pluralità del loro linguaggio’. D’altronde la Festa di Sant’Agata perché si chiama festa e non Funerale di S.Agata? Perché le candelore si annacano e dunque danzano circondate dalle bande con il repertorio dei più disparati brani popolari? Perché i fuochi d’artificio? Perché un proliferare di fumi, banchetti e bancarelle festose? Perché è festa e la festa è dei cittadini e delle cittadine, e della devozione che assume le forme della gioia come quelle della preghiera. Non siamo affatto noi il problema e lo scandalo della festa di S.Agata. Queste affermazioni che ci vogliono sradicare ci sembrano provenienti da un oscuro e triste passato di repressioni oltre che anacronistiche in questo momento storico, e ciò non fa che sottolineare l’importanza e la necessità sociale della nostra presenza”.