• 5 Maggio 2024 8:22

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Strage di via d’Amelio, Mons. Lorefice: “la memoria è misura del nostro vivere”

Il 19 luglio 1992 la mafia uccideva il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, cinquantotto giorni dopo la strage di Capaci. L’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice sottolinea come il ricordo, 31 anni dopo, sia “misura del nostro vivere gli impegni umani e sociali e il nostro servizio alle Istituzioni che oggi rappresentiamo”

Una città raccolta nel ricordo di un uomo divenuto simbolo della lotta alla mafia. Nella vita degli italiani, e specialmente in quella degli abitanti del capoluogo siciliano domenica 19 luglio 1992 è una data indelebile, destinata a segnare un prima e un dopo nella storia del Paese. In quel giorno Cosa Nostra uccise il giudice Paolo Borsellino, solamente 58 giorni dopo aver ordinato la morte del magistrato Giovanni Falcone.

A perdere la vita 31 anni fa furono anche i membri della scorta di Borsellino, composta da Eddie Cosina, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina che accompagnarono il magistrato in via D’Amelio, a casa della madre. Proprio davanti quell’abitazione, al civico 21, la mafia collocò un’auto carica di carica tritolo che esplose non appena il giudice scese dalla macchina della scorta.

A ricordare il sacrificio di Borsellino, l’arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice, che durante l’omelia tenuta nella Chiesa di S. Maria della Pietà ha invitato i fedeli a rendere la propria fede uno strumento di legalità : “La fede di un vero uomo o di una vera donna , a maggior ragione di un magistrato o di un agente di polizia,  consacra alla giustizia – ha ricordato Monsignor Lorefice -, consacra a riscattare la vita della città umana da tutto quello che la disumanizza, la opprime, non la rende a misura dei piccoli e dei bambini”. Il presule ha inoltre sottolineato come tutta l’esistenza del magistrato, “compresa la sua morte” sia “una risposta alla chiamata della fede”, invitando i presenti a “non far finta che tutto vada bene, ingannando sé stessi e gli altri, venendo meno alla propria responsabilità, continuando ad operare e progettare il bene dell’altro, anche di chi non ascolta e non cambia.”