Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Lunedì della II settimana di Avvento
Letture: Is 35,1-10 Sal 84 Lc 5,17-26
Riflessione biblica
“Vedendo la loro fede, disse: Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati” (Lc 5,17-26). Al centro del racconto, non c’è la guarigione del paralitico, ma la potenza salvifica di Gesù, che libera l’uomo dal suo stato di indigenza spirituale e fisica. Nella prospettiva dell’Avvento, possiamo esclamare anche noi: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”. Anzi, fra poco vedremo anche la sua gloria, per questo siamo invitati a convertirci, per riceverlo nei nostri cuori: “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!” (Ebr 4,7). Nella fede, avremo fiducia “nella potenza del Signore che opera guarigioni” (Lc 5,17) e solidarietà con chi soffre per prestargli aiuto: “Nel corpo non ci sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” (1Cor 12,25-26). Tale solidarietà ci spinge ad avere un serio programma di vita spirituale, racchiuso nelle parole di Gesù al paralitico: “Àlzati e cammina” (Lc 5,23). Bisogna vincere la nostra paralisi interiore: “l’accidia” è pigrizia lenta e inesorabile, cancro dell’anima che distrugge tutto il bene che è in noi. “Alzati”: è invito alla conversione, perché “se ti convertirai al Signore, tuo Dio, e obbedirai alla sua voce, tu e i tuoi figli, con tutto il cuore e con tutta l’anima, secondo quanto oggi ti comando, allora il Signore, tuo Dio, cambierà la tua sorte, avrà pietà di te” (Dt 30,2-3). “Cammina”: nella via della fede, in novità di vita (Rom 6,4) e d’amore: “il comandamento che avete appreso da principio è questo: camminate nell’amore” (2Gv 6). Agiamo da veri figli di Dio e operiamo sempre secondo la legge dello Spirito: “Amiamoci gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiamo nello stimarci a vicenda; non siamo pigri nel fare il bene, siamo ferventi nello spirito; serviamo il Signore” (Rom 12,10-11).
Lettura esistenziale
“Ed ecco degli uomini che portavano sopra un letto un uomo che era paralizzato, e cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando modo d’introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e, fatta un’apertura fra le tegole, lo calarono giù con il suo lettuccio, in mezzo alla gente, davanti a Gesù. Veduta la loro fede, disse: «Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi»” (Lc 5, 18-20). Veduta la loro fede, non quella del paralitico, ma quella di coloro che lo portano, che scavalcano la folla, inventano una strada che non c’è, danneggiano una casa d’altri, pieni dell’incoscienza e della forza di chi ama e ha fiducia. Perdonato per la fede d’altri. Questa comunione di fede, questa catena di fiducia solleva e dà coraggio. Una fede che non si fa carico d’altri non è vera fede, insegnano i quattro sconosciuti portatori dell’uomo. Ti sono rimessi i peccati. L’uomo è rimasto senza parole, forse deluso: ma non è questo il mio problema. Dammi le mie gambe! Tutto qui è un gioco di simboli: il peccato è raccontato come una paralisi, un fallimento che ti blocca, uno sbaglio che ti pesa addosso. Il perdono è detto con un verbo di moto che annuncia partenze, il salpare della nave, l’avviarsi della carovana, che porta scritto “più in là”. Strano perdono: che non è domandato; ma è la carne immobile che domanda cammini, estasi, sentieri nel sole; non c’è accusa dei peccati, ma la supplica silenziosa contro un peso che aderisce a te e ti paralizza; non c’è espiazione della colpa, non penitenza, ma prendere su il lettuccio, quella prigione odiata, e andarsene libero nel sole; non c’è merito alcuno, solo saper accogliere il dono; nessuna condizione, solo la gioia di chi ritrova la strada della vita (Ermes Ronchi).