• 6 Maggio 2024 0:38

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Lunedì della XIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Am 2,6-10.13-16; Sal 49; Mt 8,18-22

Riflessione biblica

“Si avvicinò uno scriba e gli disse: Maestro, ti seguirò dovunque tu vada”. Seguire Gesù è vera sapienza, “seguirlo dovunque va” è disponibilità a condividere la sua vita e il suo modo di vivere. Riflettere su ciò che implica “seguire Gesù” è vera sapienza. Anche nelle questioni umane di una certa importanza, chi li deve affrontare fa di tutto per non esporsi al fallimento e si prepara a qualsiasi sacrificio pur di raggiungere il suo scopo.frati-300x225 Una sequela priva di sicurezze Bisogna rendersi conto che seguire Gesù, a cui ci si è legati con la conversione e con la fede, è una cosa molto seria. Chi si pone alla sequela di Gesù deve valutare attentamente se stesso e le sue scelte. È bene prima riflettere, poi agire; è meglio non intraprendere un’impresa, che affrontarla con mezzi inadeguati. Bisogna valutare attentamente, non solo le possibilità umane, ma anche tutte le condizioni di grazia che il Signore ci concede nell’intraprendere il cammino con lui: sono la sua “via”, la via maestra che, attraverso la sofferenza e la purificazione radicale di noi stessi e della nostra vita, ci conduce verso una progressiva liberazione da ogni legame che ci allontana dal Regno di Dio e dalla comunione intima con il Signore. “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8.20): è duro essere senza patria, senza una casa dove sentirsi al sicuro ed avere un punto di riferimento affettivo. La povertà è un’esigenza assoluta della sequela: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo. Poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). La povertà è la nostra credenziale di assoluta comunione con Cristo povero: siamo veri discepoli di Gesù “nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigionie, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!” (2Cor 6,4-5.10). “Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre” (Mt 8,21): dura la risposta di Gesù, ma in linea con la radicalità della sequela che egli propone ai suoi discepoli. Ma è la via della sequela: “Per Gesù ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo e conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,8.10-11).

Lettura esistenziale

frati-1-300x225 Una sequela priva di sicurezze“Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti” (Mt 8, 22). Il Vangelo odierno sottolinea la radicalità che comporta la sequela di Cristo. Da questo, come da altri brani evangelici, si evince che la vocazione cristiana è sempre un’iniziativa d’amore di Dio e l’amore, lo sappiamo, è esigente: vuole tutto. Al discepolo che dichiara di volerlo seguire, ma che pone delle condizioni, Gesù rimarca l’urgenza della risposta. Allo scriba che vuole seguire Gesù, Egli chiarisce che “le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 20), che tradotto significa che se si vuole seguire Cristo per averne sicurezze terrene, non è il caso di farlo, perché Lui chiede di abbandonare completamente ogni umana sicurezza.

La radicalità evangelica però non consiste tanto nel rinunciare a qualcosa, ma piuttosto nel farsi riempire da Qualcuno. Riempire a tal punto che non rimane più spazio per altro.

Mi piace spiegare questa radicalità evangelica con un’espressione usata da San Francesco quando descrive i membri dei suoi Ordini fondati sulla povertà evangelica, espressione che si dovrebbe poter applicare a tutti i discepoli Cristo: “Un popolo, povero e umile, contento di possedere Dio solo”.

Mi chiedo e ti chiedo: si può dire di me e di te che siamo davvero contenti di possedere Dio solo? Che Lui è tutta la nostra gioia?