Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Tutti i Santi dell’Ordine Serafico
Riflessione biblica
“Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!” (Mc 10,17-21). È giorno di gioia: contempliamo le meraviglie di santità che il Signore opera nella nostra fraternità spirituale. Il Vangelo ci ricorda tre cose necessarie per seguire Gesù nel cammino di santità. “Và, vendi quello che hai”: è una decisione di libertà da tutto ciò che ci impedisce di essere in comunione con Gesù; è un cammino di fiducia assoluta in Dio e riscoperta della nostra vera identità di figli di Dio e seguaci di Gesù: “Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?” (Mt 6,24-25). “Dallo ai poveri”: è un cammino di immedesimazione a Gesù, che “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9); è povertà che si fa servizio al povero e al bisognoso e atto di amore solidale con chi soffre e ha bisogno di aiuto materiale e spirituale. “Avrai un tesoro in cielo”: è impegno costante a seguire l’esortazione evangelica: “Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-21). Il nostro tesoro è Gesù: “Guardiamo a Gesù attentamente”, a lui dirigiamo la mente il cuore, per seguirne le orme di santità. Infatti, “è grande vergogna per noi servi del Signore che i santi operarono con i fatti e noi raccontando le cose che essi fecero ne vogliamo ricevere onore e gloria” (Fonti Francescane, 155).
Lettura esistenziale
«Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?» (Mc 10, 17). Questo racconto esprime in maniera efficace la grande attenzione di Gesù verso i giovani, verso le loro attese, le loro speranze, e mostra quanto sia grande il suo desiderio di incontrarli personalmente e di aprire un dialogo con ciascuno di essi. Cristo, infatti, interrompe il suo cammino per rispondere alla domanda del suo interlocutore, manifestando piena disponibilità verso quel giovane, che è mosso da un ardente desiderio di parlare con il «Maestro buono», per imparare da Lui a percorrere la strada della vita. Nel racconto evangelico, San Marco sottolinea come “Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò” (cfr Mc 10, 21). Nello sguardo del Signore c’è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle. Giovanni Paolo II commentava: “Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore! La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza umana” e ci permette di superare tutte le prove: la scoperta dei nostri peccati, la sofferenza, lo scoraggiamento. In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell’evangelizzazione: se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo!