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Diocesi di Mazara. Mons. Mogavero. “La terra violentata grida il suo dolore”

Diilsycomoro

Ago 14, 2021

Pubblichiamo L’editoriale del Vescovo di Mazara del Vallo Mons. Domenico Mogavero per la rivista diocesana Condividere. Le parole del Vescovo di Mazara possano farci riflettere  su quanto sta accadendo in tutta la nostra terra di Sicilia dove tante famiglie stanno perdendo tutto a causa di criminali senza scrupoili.

Il grido lacerante e inconsolabile della terra giunge fino a me, dice il Signore, Creatore dell’universo e di ogni essere vivente. Mi sembra di ascoltarlo ogni giorno questo messaggio divino, vedendo e sentendo lo scempio che si consuma su ogni angolo della nostra oltraggiata Sicilia. Ogni giorno è la stessa sequenza di un bollettino dolente di devastazioni che enumera e descrive il fronte dei fuochi che divorano ettari di vegetazione, frutto di fatiche lunghe e frustrate di piantumazione e coltivazione.

In poche ore si cambia il volto di pianure e alture, distruggendo la fatica di dare a esse un aspetto armonioso e godibile, rigeneratore del corpo con la purificazione dell’aria e dello spirito amante della bellezza. E ogni anno la conta dei danni, come un bollettino di guerra, si accresce di nuovi primati e, nello stesso tempo, della denuncia impotente dei molti nel condannare tanto scempio e nell’ostinazione di pochi sciagurati che continuano nel loro perverso proposito di procurare distruzione e morte. Eppure, quando Dio creò la terra, con la varietà degli alberi che producono fiori e frutti e ogni erba che orna e nutre, vide che aveva fatto qualcosa di molto bello e – ahimè – l’affidò all’uomo perché diventasse collaboratore dell’opera creatrice.

Si era fidato molto della sua creatura, che ben presto tradì il suo progetto. Fa senso e provoca una reazione di ribellione la visione di distese di quelli che una volta erano alberi che avevano sfidato venti e tempeste e ora mostrano moncherini anneriti su una coltre di cenere, che copre le ferite di una terra che piange le sue mutilazioni. Nessuno riesce a immaginare e a capire quale disegno infame e depravato può armare di fuoco una mano che, parafrasando la parola di Gesù («Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala» – Mc 9,43), sarebbe stato meglio fosse rimasta paralizzata! Ma sicuramente una qualche forma di giudizio e di condanna divina raggiungerà prima o poi questi strumenti del diavolo, che nell’ombra e nell’anonimato confidano di poter superare indenni la loro riprovevole condotta. Non si sentano più al sicuro e meno colpevoli, e perciò meno degni di esecrazione, quanti riempiono dei loro maleodoranti sacchetti strade urbane ed extraurbane.

Il loro disprezzo per gli altri e per la terra è avvertito da chiunque è costretto a muoversi tra cumuli di rifiuti che sconcertano la vista e sconvolgono l’olfatto. Il quadro è certamente fosco e con poche prospettive di cambiamento in tempi brevi. La speranza di una inversione di tendenza va coltivata e soprattutto sostenuta dall’azione nascosta ma continua e coerente di chi sente tutta la responsabilità di essere custode del creato. In particolare, occorre creare una rete di sensibilità educative e di buone pratiche, contando sulla forza trainante delle idee e sulla testimonianza di comportamenti corretti, fino allo scrupolo. Occorre perseguire quella conversione ecologica a cui invita Papa Francesco nell’enciclica Laudato sì, in modo da consolare la terra e porre finalmente fine alla sua angosciante sofferenza di uno stillicidio quotidiano di morte. Una conversione ecologica che ci induca a prenderci cura «affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo, affinché seminiamo bellezza e non inquinamento e distruzione » (Laudato sì).

La prossima “Giornata nazionale per la custodia del creato” (1° settembre) sia vissuta come momento penitenziale di partecipazione del dolore della terra per le violenze subite e come riparazione collettiva delle condotte sciagurate di quanti non vogliono capire che oltraggiare e violentare la casa comune è un atto di autolesionismo che pagheremo caro e che ricadrà soprattutto su quanti in futuro malediranno le nostre malefatte a motivo delle quali consegneremo loro una terra non più madre amorevole e feconda, ma matrigna indurita e avara di frutti.

Domenico, Vescovo