• 3 Maggio 2024 7:17

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Sabato della XIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gen 27,1-5.15-29; Sal 134; Mt 9,14-17

Riflessione biblica

“Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore” (Mt 9,14-17). Il rinnovamento di noi stessi deve essere totale. Ma tale rinnovamento non può avvenire senza la presenza costante di Gesù con noi. Deve essere un rinnovamento della mente: “Rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestite l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,23-24). Non digiuniamo, perché ci sentiamo migliori degli altri e se digiuniamo non lo facciamo per apparire migliori. Il rinnovamento che vuole Gesù implica un sano discernimento interiore, che ci rende coscienti che ogni giorno dobbiamo divenire nuovi nello Spirito: “L’uomo interiore si rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4,16). Per questo, deve essere soprattutto un rinnovamento del cuore: “Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” (Rom 10,10). Bisogna lasciare operare lo Spirito in noi, in maniera che viviamo gli avvenimenti non in maniera ripetitiva, ma sempre rinnovata dallo Spirito, che tutto trasfigura e ci fa vivere nella gioia della novità evangelica. Sia l’immagine del “rattoppo” che quella degli “otri” ci ricordano che il rinnovamento di noi stessi deve essere radicale, perché dobbiamo “rivestirci di Cristo” (Rom 13,14), l’uomo nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato” (Col 3,10). Deve essere un rinnovamento nella docilità allo Spirito, sapendo che, quando lo Spirito agisce in noi e tra noi, “intercede per i santi secondo i disegni di Dio. Allora tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rom 8,27-28). Il rinnovamento autentico è lasciare che l’amore agisca in noi e tra noi: “Al di sopra di tutto vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione”

Lettura esistenziale

«Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?» (Mt 9, 14). Le Sacre Scritture e tutta la tradizione cristiana insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che ad esso induce. Per questo nella storia della salvezza ricorre più volte l’invito a digiunare. Già nelle prime pagine della Sacra Scrittura il Signore comanda all’uomo di astenersi dal consumare il frutto proibito: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire” (Gn 2, 16-17). Poiché tutti siamo appesantiti dal peccato e dalle sue conseguenze, il digiuno ci viene offerto come un mezzo per riannodare l’amicizia con il Signore. Nel Nuovo Testamento, Gesù pone in luce la ragione profonda del digiuno, stigmatizzando l’atteggiamento dei farisei, i quali osservavano con scrupolo le prescrizioni imposte dalla legge, ma il loro cuore era lontano da Dio. Il vero digiuno, ripete anche altrove il divino Maestro, è piuttosto compiere la volontà del Padre celeste, il quale “vede nel segreto, e ti ricompenserà” (Mt 6, 18). Egli stesso ne dà l’esempio rispondendo a satana, al termine dei 40 giorni passati nel deserto, che “non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4). Il vero digiuno è dunque finalizzato a mangiare il “vero cibo”, che è fare la volontà del Padre (cfr Gv 4, 34).